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#ToyLikeMe: per quale motivo dovremmo volere delle bambole Disabili?

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A chi serve una bambola Disabile? Al Disabile o ai suoi genitori? Cosa dovrebbe avere di inclusivo un giocattolo a immagine e somiglianza del Disabile? Chi dovrebbe comprare una di queste bambole?

Questo articolo è ispirato dalla campagna #ToyLikeMe a cui ha risposto l’azienda britannica Makies producendo bambole Disabili e dall’articolo pubblicato da ToysBlog.it e firmato da Angela Iannone.

Quanto leggerete di seguito non è una critica ad una giornalista – che probabilmente – scrive di Disabilità senza conoscere il mondo dei Disabili. Ci ha stupito però un passo che qui di seguito vi proponiamo:

Un problema per quei milioni di bambini che invece sono portatori di handicap o di disabilità in genere, che si ritrovano a giocare con giocattoli che con loro non hanno proprio nulla a che fare: non una sedia a rotelle, un apparecchio acustico, un bastone per ciechi.

La parte grassettata l’abbiamo aggiunta noi per evidenziare un concetto che è propio opposto a ogni regola e buon senso che possa essere correlabile al concetto di inclusione. La lingua italiana non è un giocattolo che si può piegare al proprio volere. Dichiarare che i giocattoli “non Disabili” non hanno niente a che fare con il D-Mondo è un’affermazione forte e alla soglia di qualcosa di più di un semplice svarione.

Alla Iannone va il merito di aver dedicato il proprio tempo a un tema che interessa i Disabili. Bisogna però fare delle precisazioni e porsi delle domande importanti.

– A chi serve una bambola Disabile?

Diamo per scontato che una bambola finisca nelle mani di un bambino o di una bambina in età da bambole. Credete veramente che un bambino Disabile fra i 3 e i 12 anni possa soffrire della consapevolezza che il mondo industriale non gli ha realizzato una bambola a sua immagine e somiglianza? Credete che percepisca il senso di rifiuto che gli adulti vogliono far passare con il messaggio di bambole prive di disabilità? Oppure credete semplicemente che un bambino a quell’età abbia solo voglia di giocare e che sia ancora immune da tutti quei problemi socio-filosofici che anziché ridurre le distanze le amplificano?

I bambini hanno la necessità di giocare e di giocare insieme. Un bambino Disabile nell’ambito di un gruppo rappresenta già la diversità, senza che questa venga accentuata da giocattoli resi diversi per riprodurre la mancanza di un atto, l’impossibilità di deambulare o comunque altro “difetto fisico”.
I bambini nella loro purezza e semplicità, riescono talvolta a essere inconsapevolmente creduli, quindi perché armare i punti interrogativi di chi gioca con il compagno o la compagna Disabile? Perché indurre i bambini a porsi la domanda: «Perché anche la tua bambola ha i problemi che hai tu?».

Una bambola Disabile ha un grandissimo senso culturale se acquistata da genitori che non hanno figli Disabili e che di conseguenza vogliono far comprendere anche che il mondo è composto da realtà diverse dalla loro, ma non per questo non appartenenti alla loro realtà.

Ecco, questo è l’unico motivo culturale e propedeutico per cui è utile che esistano bambole Disabili. Peccato che nessun genitore acquisterà mai un giocattolo dal “sapore danneggiato”.

– Le bambole Disabili servono al Disabile o ai suoi genitori?

Dando per scontato quanto sopra detto, ossia che la bambola Disabile soddisfa di più le esigenze di quei genitori che non accettando la disabilità del figlio ma che hanno bisogno di costanti e pesanti conferme che il mondo lo accetti in loro vece.
Purtroppo non tutti i genitori riescono a superare la notizia della Disabilità del figlio. Quindi spinti a riflettere malamente da psicologi, che possono anche non avere specifiche competenze in materia di Disabili, hanno la necessità di ribaltare sulla società quanto invece dovrebbero offrire loro stessi al proprio bambino. In Internet si trovano gioiose affermazioni di madri, o comunque genitori, che esaltano e si rallegrano per questa iniziativa.

Non dimentichiamo che il giocattolo è uno strumento deputato anche a stimolare la fantasia del bambino e la voglia di raggiungere quell’immagine che tiene fra le mani. Questo è l’ennesimo buon motivo per cui, nelle mani del Disabile, non dovrebbe giungere una bambola Disabile, ma un prototipo umano che lo stimoli a prendersi beffa dei propri limiti e ancora superarli. Mentre invece – e lo ripetiamo – le bambole Disabili dovrebbero andare a tutti quei bambini e bambine che non hanno alcun problema se non la necessità di comprendere una realtà tutta da scoprire.

– Cosa dovrebbe avere di inclusivo un giocattolo a immagine e somiglianza del Disabile?

A questa domanda non riusciamo a darci una risposta, forse perché non c’è o forse perché non è quella che ci aspetteremmo. Una bambola Disabile di inclusivo non ha niente, anzi, è un elemento distanziatore, uno strumento in grado di allontanare ulteriormente due bambini: il primo rappresentativo del Mondo e il secondo rappresentativo del D-Mondo.

– Chi dovrebbe comprare una di queste bambole?

La risposta è già stata data in maniera chiara. Sicuramente non i Disabili ma certamente dovrebbe essere regalata a tutti gli altri bambini.

Per concludere, sarebbe bene non trasferire sui bambini i problemi degli adulti. La parte peggiore dell’inevitabile crescita è proprio la perdita dell’essere bambino e quella lontananza da problemi costruiti sulla base di una ragione che invece li dovrebbe combatterli.

Giocate, giocate come volete, ma non createvi il problema di dover avere dei giocattoli fatti a vostra immagine e somiglianza. Auguratevi piuttosto che i giocattoli siano sempre più usabili e pensati, laddove possibile, per le esigenze di Tutti.

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    1. Pingback: Bambole sorde e mute per rappresentare la disabilità » Sordionline

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