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Un libro ricorda l’epica impresa della Freccia Rossa della bontà

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Un libro dedicato all’epica impresa della Freccia Rossa. È stato presentato il 9 ottobre, nel corso di un incontro tenutosi a Milano nella Sala Alessi di Palazzo Marino.

fondazione-don-carlo-gnocchi-onlus-35-1Fonte – Un libro dedicato all’epica impresa della Freccia Rossa. È stato presentato il 9 ottobre, nel corso di un incontro tenutosi a Milano nella Sala Alessi di Palazzo Marino, il volume La Freccia Rossa – 1949: diario di una impresa scout attraverso l’Europa, curato da Federica Frattini e promosso dal Clan “Zenit” Agesci Busto Arsizio in collaborazione con la Pattuglia del Kraal, con il patrocinio dell’Organizzazione Mondiale del Movimento Scout e il contributo della Fondazione Don Gnocchi. Le pagine narrano di questa storia che fa da pietra angolare nella storia dello scoutismo italiano e si aprono con la presentazione di Federica Mogherini, Alto Commissario UE per gli affari esteri.

Il raid motociclistico Milano-Oslo fu infatti organizzato nell’estate di sessantasei anni fa da don Carlo Gnocchi in collaborazione con gli scouts milanesi guidati da don Andrea Ghetti. L’impresa ebbe un’eco grandissima e passò alla storia con l’appellativo di “Freccia Rossa”, per via del colore dei venticinque “Guzzini” da 65 cc di cilindrata che il 17 luglio 1949 partirono dal capoluogo lombardo verso la Scandinavia per tracciare una via d’amore lunga 1.800 chilometri in riscatto del dolore delle innocenti vittime della guerra appena finita.

Un messaggio – ha ricordato durante la presentazione monsignor Angelo Bazzari, presidente della Fondazione Don Gnocchi – che ha dato vita «a una grande avventura di pace per ricostruire le città, ma soprattutto l’uomo. Dopo gli orrori della guerra, don Gnocchi ha investito sull’uomo e sull’eduzione dei giovani».

«Sulle ali della Freccia Rossa – ebbe a scrivere don Gnocchi – la voce dei piccoli mutilati di guerra invita l’Europa all’amore e alla pace».

La colonna dei guzzini (uno dei quali è oggi esposto come cimelio al museo milanese del beato don Carlo Gnocchi) attraversò la Svizzera, la Germania Occidentale, la Francia, il Belgio, l’Olanda, il Lussemburgo, la Danimarca, la Svezia per poi giungere in Norvegia. Ovunque l’accoglienza per il raid fu entusiastica e i partecipanti poterono diffondere durante le varie tappe il messaggio loro affidato da don Gnocchi e diretto a tutti gli uomini di buona volontà. A Parigi “La Freccia Rossa” fu ricevuta dal sindaco e sfilò agli Champs Eliseè scortata dalla polizia fra gli applausi della folla. A Bruxelles ci fu l’ospitalità delle organizzazioni belghe per la protezione e l’assistenza all’infanzia mutilata, mentre a Brema, città devastata dalla guerra, i protagonisti del raid trovarono da parte dei ragazzi tedeschi un’accoglienza fraterna, indimenticabile. Giunti in Norvegia, vennero accolti con ricevimenti, a cui si aggiunsero tra l’altro gli elogi del principe ereditario della Corona norvegese, del sindaco di Oslo e del governo per l’opera umanitaria di don Gnocchi e per l’impresa.

«Dalla mia generazione in poi – ha scritto nella presentazione Federica Mogherini, – nell’epoca dell’Erasmus, aver amici al di fuori del proprio paese natale è diventata una cosa abbastanza comune. Mi immagino che esperienza incredibile dev’essere stata, per i venticinque ragazzi della “Freccia Rossa della Bontà”, poter incontrare i loro coetanei francesi, tedeschi, norvegesi. In un certo senso, sono stati loro la prima “generazione Erasmus”. Non più di cinque anni prima alcuni di quei ragazzi si sarebbero trovati sui lati opposti del fronte, costretti a spararsi addosso e a chiamarsi “nemici”. E invece, in quel 1949, lavoravano insieme per la pace. Era un viaggio simbolico, ma con un obiettivo molto concreto: aiutare i più piccoli e i più indifesi della società, i bambini mutilati di guerra, e convincere le istituzioni ad affrontare il problema delle mine inesplose».

Quei ragazzi non furono protagonisti di uno sforzo vano. Anzi. Essi portarono in giro per l’Europa la nobile esortazione dei mutilatini («Noi ci vogliamo bene: anche se i nostri padri si sono odiati. Vogliamo che tutti si amino e in nome del nostro dolore chiediamo pace fra gli uomini. Aiutateci, poiché soltanto nella serenità troveremo la forza per affrontare la vita»). Gli anni successivi dimostrarono – a proposito di Europa e di solidarietà ai mutilatini – che quel sogno era l’anticamera della realtà.

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