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D-Giocattoli per D-Bambini: LAM! Project, intervista ad Anna Devecchi – 1ª parte

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Dall’operosa terra del Friuli arriva la risposta al desiderio di giocare dei bambini Disabili. LAM! è la Start-Up che promette di creare giocattoli usabili da tutti.

È stata lunga e molto interessante la telefonata attraverso la quale ho potuto conoscere Anna Devecchi e il suo progetto LAM! che è nato con il supporto dell’amica Giovanna Culot. Dal coraggio imprenditoriale di due donne decise si parlerà presto di giocattoli pensati per bambini Disabili.

All’estero, soprattutto nei paesi anglosassoni, questa visione, sensibilità, imprenditoriale esiste già. È una realtà di mercato che guarda ai cuccioli del D-Mondo che, ricordo, è la terza minoranza a livello mondiale con 650 milioni di persone.

L’augurio che noi facciamo a queste giovani imprenditrici è di riuscire a trovare i fondi necessari per fare di LAM! Project la base di una rinnovata cultura.

Ora la parola va alla Dott.ssa Anna Devecchi.

Disabili DOC – LAM! Project, Anna Devecchi

Anna Devecchi “mamma” di Project LAM! e co-fondatrice di Look at me S.r.l. società proprietaria del progetto.

D: Buongiorno Dott.ssa Devecchi, oggi parliamo di LAM! Project che come obbiettivo – mi corregga se sbaglio – a la progettazione e realizzazione di giocattoli pensati per tutti i bambini quindi anche Disabili. Cosa l’ha portata a questa scelta imprenditoriale?

R: Indiscutibilmente la scelta parte dal connubio dell’essere una madre e di svolgere la professione di industrial designer. Come designer qualche anno fa ho notato sul mercato europeo in particolare la scarsa attenzione per la progettazione rivolta ai giocattoli in genere, e la totale carenza di giocattoli pensati secondo il principio del “design for all” o “universal design”.
Spesso le scelte dei produttori sono più orientate ai trend del momento, sembra quasi più importante per un’azienda accaparrarsi la licenza di un qualche personaggio televisivo che non strutturare il prodotto-giocattolo secondo le esigenze di sviluppo motorio, sensoriale, sociale e cognitivo del bambino a cui l’oggetto è destinato.
La parte di me che lavora come designer trova controproducente lo sviluppo di prodotti che hanno come unico valore aggiunto l’appartenere a un qualche marchio riconducibile ai media o alla moda del momento, tralasciando invece quel lungo e imprescindibile lavoro di progettazione che un oggetto destinato al mondo dell’infanzia deve avere.
La parte di me che è mamma, che gioca spesso con le proprie bimbe con materiali poveri, facendo leva sulla loro immaginazione e sulla potenza creativa che muove ciascun bambino, prova un forte fastidio nel veder letteralmente manipolati i bambini già nelle prime fasi della loro crescita con stereotipi banali e privi molto spesso di qualsiasi contenuto educativo.

Questo tipo di attenzione progettuale si rinforza ulteriormente se si pensa al bambino affetto da una qualche forma di disabilità, che più che mai necessita determinati accorgimenti che lo aiutino nella vita quotidiana e nella progressiva autonomia.
Un tema spesso ignorato è l’inclusione di questi bambini assieme ai propri coetanei.

Paura? Diffidenza? Ignoranza?

Sono molte le risposte che abbiamo ricevuto in merito alla scarsa attenzione verso i bambini Disabili. Da qui nasce il LAM! Project e quindi la Look at me S.r.l., dalla volontà di far sentire meno sole le famiglie di bambini Disabili e quindi di aiutare il bambino stesso all’integrazione, ma contestualmente dal desiderio di lanciare un messaggio forte: «Guardami!», guardalo, perché quel bambino che ora è nella classe di tuo figlio e che forse tu percepisci come un “malato” o un alieno, in realtà ha molto da dare, e solo con gli strumenti giusti può comunicare alla pari con i propri compagni.

I fenomeni di bullismo verso i Disabili di cui spesso siamo passivi o indignati spettatori, nascono sui banchi di scuola, nelle aule degli asili. È da lì che si impara a stare insieme. È da lì che si cresce insieme. E – guarda che meravigliosa coincidenza! – lo si fa semplicemente GIOCANDO!

D: Quando parliamo di bambini dobbiamo pensare ad una fascia di età ben precisa o semplicemente si parte parlando di “cuccioli” per poi giungere ai ragazzi?

R: LAM! per coerenza organizzativa delle linee di prodotto sta lavorando sulla fascia 0-5 per poi passare alla fascia scolare, ma questo unicamente per una questione di comprensione della patologia, di accettazione da parte della famiglia, di inserimento in ambienti socialmente più complessi per i bimbi Disabili e per ovvie ragioni di sviluppo e di crescita per tutti i bambini.

In realtà abbiamo sempre un occhio che passa dal bambino molto piccolo e spazia fino all’adolescente. Quelli che ora sono “cuccioli”, se ben seguiti e stimolati dai giusti giocattoli e dai corretti insegnamenti educativi, saranno gli adulti indipendenti e socialmente impegnati del domani. A tutti i livelli.
Quindi non abbiamo età preferenziali, ma soltanto step che ci aiutano a livello logico nella progettazione a procedere con ordine.

D: LAM! Project è in fase di Start-Up. Quali sono i primi passi già definiti e gli obbiettivi da raggiungere in questa fase?

Disabili DOC – LAM! Project, logoR: Abbiamo ottenuto un primo finanziamento dalla vincita di un bando regionale che ci ha permesso un investimento iniziale nel sostenere i costi della costituzione dell’impresa nel settembre 2014 e nel coinvolgere determinate professionalità che sono complementari alla nostra (Giovanna è consulente manageriale, ndr) fondamentali per l’attività.
Abbiamo coinvolto e formalizzato i rapporti con le cliniche partner, parte più complessa in termini legali e burocratici, ma fortunatamente più semplice sul piano umano. Abbiamo trovato persone meravigliose vestite da neuropsichiatri infantili, terapisti, psicologi, che hanno da subito sposato il nostro progetto e lo hanno supportato con la loro professionalità e infinita umanità.
Spesso ci domandiamo dove trovino la forza di affrontare ogni giorno tante difficoltà a fianco delle famiglie, stando sempre un passo accanto a loro con serietà e dolcezza, alternando il loro ruolo di medici a quello di amici.
Queste figure sono indispensabili per i bambini, sanno come dialogare con loro, come rassicurare i genitori, i nonni, come accompagnarli in un percorso spesso doloroso e in salita.
Certo, sicuramente in giro circolano mille ciarlatani senza tatto né serietà professionale, ma abbiamo avuto l’immensa fortuna di non imbatterci in loro!
Il nostro team scientifico è solido, competente e – perché non dirlo? – divertente!

Il 15 maggio 2015 presso il Teatro Verdi di Gorizia abbiamo il concerto a scopo benefico del Maestro Stefano Bollani che ha accettato di esibirsi pro bono per supportare questa iniziativa e quindi noi assieme all’Associazione Incastri (associazione di volontariato che sposa i nostri ideali e che opera principalmente sul territorio del Friuli Venezia Giulia) siamo alle prese con l’organizzazione.
I proventi saranno interamente devoluti in beneficenza proprio alle cliniche che si occupano di diagnosi precoce e neuropsichiatria infantile (sul sito Stefanobollani.com per info e biglietti).
Contestualmente abbiamo una settimana da organizzare al FuoriSalone in zona Tortona chiamato “AGORÀ31”, dove grazie all’invito di “A misura di bimbo”, “Kora” e “Il mondo di Eve”, organizzeremo una serie di eventi sui temi dell’esplorazione del mondo attraverso i 5 sensi e naturalmente mirando all’inclusione con bambini Disabili che potranno confrontarsi con gli altri.
Questo perché servirà da banco di prova per gli eventi che vogliamo proporre ai musei interessati alla tematica dell’inclusione. Contestualmente stiamo continuamente esplorando la progettazione dei giocattoli, cambiando colori, materiali, illustrazioni, dimensioni.
È come un immenso cantiere in cui lavorano tante persone con differenti professionalità. Si è poi aperta la strada dell’editoria accessibile, che detta così suona come una cosa un po’ bizzarra, ma in realtà ci siamo accorte come ci sia una richiesta da parte delle case editrici di esplorare nuove tematiche e rendere “la carta” fruibile a tutti, in particolare ai bambini.
Quindi una parte del team di occupa di questo altrettanto vasto e affascinante tema.

D: Personalmente amo parlare di sogni in ambito imprenditoriale. Credo nelle “visioni” e nei loro visionari come depositari di un’antica matrice d’impresa. Qual è il vostro primo sogno da trasformare in realtà?

R: Sicuramente quello di giocare. Sempre, tutta la vita, fino alla fine dei nostri giorni. Giocare è il mezzo migliore che abbiamo per imparare, anche da adulti. È la carta vincente per non prendersi mai troppo sul serio, per capire che esistono delle regole, per saper rispettare che non è sempre il nostro turno nel gioco, nella vita.
Il gioco insegna la pazienza, induce alla socializzazione, aiuta a mettersi in competizione ma in modo sano, tanto sai sempre che la partita successiva potrai rifarti e ricominciare di nuovo.
Il gioco mette tutti alla pari. Non conosce disabilità, differenza, menomazione o barriere culturali o fisiche. Ci sono giochi in cui il cervello conta più della mano che muove la pedina. Giochi in cui l’occhio non vede cose che invece le mani sanno esplorare con sapienza. Giochi in cui con un sorriso puoi allentare tensioni e rimettere a posto tutto, consolidare amicizie, rapporti.

Disabili DOC – LAM! Project, Giovanna Culot

Giovanna Culot co-fondatrice di Look at me S.r.l. e amica “di giochi” di Anna Devecci.

Non è un caso che io e Giovanna si sia amiche da una vita. Abbiamo giocato insieme, ci siamo confrontate e sfidate mille volte e ne siamo sempre uscite più unite di prima. Il sogno è forse quello di far giocare tutti, prima da piccoli e poi da grandi. Vorremmo formare una generazione che concepisce il giocare come una forma di uguaglianza, di confronto costruttivo, di aiuto reciproco.
Nel tiro alla fune non vince da solo chi è più forte, ma chi sa cogliere il momento giusto per tirare tutti insieme. Ecco, metaforicamente parlando, noi vorremmo insegnare ai bambini a tirare la fune tutti insieme, perché solo così potremo abbattere quel muro di diffidenza o paura o ignoranza di cui si discuteva poco sopra.

D: LAM! Project sarà più attività produttiva o più attività di consulting?

R: Ora, confesso che la nostra prima ambizione sarebbe perseguire una forma di autoproduzione. Avere il controllo della produzione significherebbe poter fare nostri i principi del LAM! senza doverci piegare alle logiche dell’azienda partner che magari potrebbe non essere pienamente allineata con noi nel resto della sua produzione industriale.
Mi spiego, se fino al giorno di prima di lavorare con noi, l’azienda in questione avesse prodotto solo giocattoli a nostro avviso poveri di contenuto o comunque poco coerenti con i nostri dettami, questo non ci farebbe certo piacere e non aiuterebbe la crescita della nostra vision aziendale.
Il controllo totale dalla progettazione, all’ingegnerizzazione fino all’immissione sul mercato sarebbe la nostra chimera. Ma, inutile dirlo, i costi di una produzione e soprattutto i test severi per il rispetto delle normative vigenti sul mercato del giocattolo sono talmente proibitivi che non possiamo permetterci questa strada, a meno che non si lancino pochi pezzi e si attenda un feedback dal mercato.
Ergo, sarà più semplice in questa fase un’attività di consulting, laddove, naturalmente la scelta del partner sarà comunque mirata e ponderata. Vorremmo partner forti, con dei valori che hanno guidato l’azienda nella produzione di prodotti “intelligenti”, con un contenuto educativo e anche un forte posizionamento a livello di marketing per come si comunica il ruolo del bambino nella società.
Attenzione, non parliamo di Disabili; in Italia nessuno pubblicizza giocattoli che io sappia, con l’immagine di un bambino Disabile (chissà perché, poi? Perché siamo limitati culturalmente, rispondo io…).
Parlo di comunicazione di bambini cosiddetti normodotati. Alcuni hanno visi puliti, sono un po’ goffi magari, hanno un dente da latte appena caduto. QUELLI sono i bambini VERI. Quelli sono i bambini LAM!, che si trovano nelle nostre case e che ci fanno ridere o alle volte ci esasperano ma che sono frutto di un’infanzia reale e non artefatta.
Certe aziende invece per le loro campagne pubblicitarie propongono bambinette di 5 anni truccate da Lolita, bambini tredicenni con espressione da bulli, bimbe ammiccanti e già istruite al manifestare una qualche malizia, e decisamente lontani dall’immagine che noi vorremmo dare dell’infanzia o dell’adolescenza.
I bambini vanno trattati come tali. Rispettati in quanto tali. Non travestiti da adulti o da piccole miniature (caricature direi) dei genitori. Quelli sono solo la proiezione ridicola di noi “grandi”, che anziché esaltare le loro doti di naturalezza e spontaneità, incolliamo su di loro uno stereotipo di “mini-me”.

Tornando al LAM!: sì all’attività di consulting ma con aziende serie e strutturate che hanno voglia di condividere la nostra vision con spirito di collaborazione ed entusiasmo.

Non finisce qui …

L’intervista terminerà giovedì prossimo. A chiosa dell’intervista vi sarà anche la presentazione dello Staff, delle due imprenditrici Anna e Giovanna.

Vi aspetto su Disabili DOC per un finale imperdibile.

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About Author

Sono nato il 25 febbraio del 1963 ed a 23 anni ho coronato il mio primo sogno d'impresa: un'attività commerciale che durò per circa vent'anni. Dopo un periodo sabbatico fondai nel 2009 Ideas & Business S.r.l. che iniziò la sua opera come incubator di progetti. Nel 2013 pensai di concretizzare un sogno editoriale: realizzare un network di testate online. DisabiliDOC.it è la seconda testata attiva dal 16 febbraio 2015. Altre già pensate e realizzate prenderanno vita pubblica nei prossimi mesi. Per ora scrivo per passione come per passione ho sempre lavorato per giungere alla meta.

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