Menu

Bambini, Disabili e Anziani: l’indignazione per i maltrattamenti inflitti a persone indifese

0

Maltrattare un proprio simile è di per sé un’azione ignobile, quando si manifesta su Bambini, Disabili e Anziani lo è di più perché spesso questi non possono difendersi o chiedere aiuto.

In questi giorni i vari TG con i quotidiani ci propongono storie raccapriccianti che hanno come protagonisti dei soggetti indifesi. Che siano Bambini, Disabili o Anziani il problema non sono solo le violenze ma è soprattutto quanto spinge gli individui a esercitare brutalità su altri soggetti.
Ci sembra di vivere nell’ambito di una società civile, forse non è così. Probabilmente viviamo solamente in un contesto sociale all’interno del quale i soggetti fortunati sono attorniati da loro simili che sanno manifestare forme intelligenti di convivenza. Quando si parla di convivenza immaginiamo delle persone che occupano lo stesso spazio, che abitano nella stessa città o paese, che lavorano nella stessa impresa, che vanno a pranzo nello stesso ristorante e che frequentano gli stessi luoghi. Poche volte ci viene da immaginare che la convivenza è fatta di dipendenza, di legami obbligati, di situazioni atipiche all’interno delle quali solo uno dei due soggetti ha completa capacità d’azione.

Nel secondo caso che abbiamo appena descritto vi è una persona che può agire bene o che può agire male ma che in un mondo perfetto dovrebbe sempre agire nell’interesse di quel soggetto che accudisce e che non si può difendere difronte ad atteggiamenti, parole o azioni che risultino un abuso rispetto alla sua natura.
Vi sono mestieri che non richiedono solo muscoli o agilità o ancora sapere. Questi mestieri sono quelli che richiedono la sensibilità e la capacità di comprendere che il “lavatore” presta la propria opera per educare un cucciolo di umano, per accudire un Disabile o un Anziano e che quindi dalle sue mani dipende la qualità di una vita che o è agli albori, e che quindi va formata nel modo giusto, o vive una condizione di “semivita” dovuta a scarse capacità residue che impediscono l’agire volontario.

L’Italia è un Paese di cuori d’oro e quindi queste storie di brutalità sono essenzialmente episodi isolati che però con il loro aspetto nero fanno spesso più luce di altre su determinate realtà. In questi giorni si sentono le parole di genitori intervistati che chiedono a gran voce che gli asili e le scuole siano dotati di telecamere che riprendono l’intera quotidianità dell’asilo o della scuola mentre altri chiedono la chiusura di quelle strutture all’interno delle quali vengono brutalizzati Disabili e Anziani.

Gli eventi che fanno cronaca sono quelli che scatenano le richieste certamente motivate ma che non risultano essere la soluzione. Sicuramente una telecamera in più o la chiusura di un nosocomio trasferirebbe determinati problemi su altri piani e in altri ambiti. Il vero problema di quanto accade è sempre e solo la cultura di una società che vive molte forme di ignoranza e che quindi forma dei soggetti che risulteranno gioco forza ignoranti a loro volta e che si sfogheranno in azioni altrettanto ignoranti il cui aggettivo diventerà poi violente.

Nella moltitudine di articoli che abbiamo letto ci è piaciuto moltissimo quello firmato da Gianluca Nicoletti de La Stampa che è completante allineato con il nostro pensiero. L’articolo di Nicoletti è “La brutalità e quella percezione antiquata dei disabili”.
Gianluca Nicoletti, contrariamente a molti suoi colleghi, è lucido, pragmatico ma cosa più interessante pare che conosca bene la materia disabilità. Il suo articolo non è “distruttivo” anzi è costruttivo e come noi anche Nicoletti giunge alla conclusione che il problema sia essenzialmente culturale. Nicoletti in uno dei suoi passaggi scrive: «In una società avanzata solamente persone che hanno strumenti professionali specifici possono occuparsi dei disabili mentali, siano insegnanti di sostegno, che educatori o operatori generici. Il contatto con quella che ancora viene percepita come “follia” deve essere mediato dalla conoscenza del problema; il rifiuto a una richiesta, lo sbalzo umorale, una crisi oppositiva …».

Il concetto è chiaro. Lo vorremmo solo estendere a ogni forma di disabilità e a ogni età. Non solo, vorremmo anche chiarire ciò che è estremamente importante: in Italia vi sono strutture d’eccellenza che operano per tutti coloro che non vivono una propria autonomia. La Fondazione Don Carlo Gnocchi Onlus è una di queste, in essa vive lo spirito di chi la volle e in essa lavorano persone che sanno bene di dover supportare altre persone, individui con ridotte capacità residue per disabilità o anzianità.
Il Centro IRCCSS. Maria Nascentedi Milano è una struttura che negli anni si è trasformata seguendo i mutamenti storici della nostra società e di quanto i Disabili sono stati trasferiti da specifiche strutture alle proprie abitazioni per poi frequentare scuole pubbliche. Un centro come quello appena citato non era un istituto per Disabili negli anni ’60/’70 ma era un Grand Hotel per Disabili dotato di tre piscine di cui una olimpionica, un campo da calcio regolamentare, un tunnel sotterraneo al parco che univa le strutture e che permetteva ai residenti di passare da un’ala all’altra dell’Istituto senza bagnarsi o prendere freddo nei mesi invernali ma soprattutto era il cuore pulsante di una città di operatori che amavano il proprio lavoro e che quindi amavano noi Disabili.

Si faccia molta attenzione a scrivere di voler chiudere le strutture che ospitano Disabili e Anziani. Chi promuove questa teoria è un giornalista o un politico ignaro di molte storie relative al D-Mondo. Spesso una struttura ben gestita è il rifugio per un Disabile o per un Anziano che nella propria casa subirebbe dalla mattina alla sera amorevoli violenze psicologiche relative al fatto che bisogna prendersi cura di lui. Quando ero ospite del Don Gnocchi ricordo amici che non volevano ritornare in seno alla propria famiglia per continuare a sentire frasi e vivere azioni che li facevano sentire dei pesi dalla mattina alla sera.

In Italia abbiamo già chiuso i manicomi prima ancora di capire a chi affidare e come gestire i propri ospiti, abbiamo preteso di includere i Disabili in una scuola pubblica che all’inizio dell’anno scolastico non è pronta ad accoglierli perché non sa neppure quanti ne deve accogliere. Abbiamo creato gli insegnati di sostegno che per alcuni casi sono necessari ma per tutti gli altri sono fonte di allontanamento ed esclusione del Disabile dalla vita della classe quando invece basterebbe creare classi con un massimo di 10 studenti e affidare l’alunno Disabile alle cure dei propri compagni e della maestra esattamente come capitò a me dalle elementari fino alla conclusione del liceo scientifico.

Oggi viviamo in un mondo in cui si virtualizza tutto, i contatti umani attraverso i Social Network e molto altro. Cerchiamo solamente di non virtualizzate l’intelligenza attraverso teorie spacciate per buone da chi non vive sulla propria pelle delle realtà tanto particolari da essere difficili da comprendere perché altrimenti il prodotto risultante non sarà una soluzione ma solamente un danno, una beffa.

Quanto appena scritto non è pura fantasia come non è un gioco mirato alla semplice voglia di pontificare criticando l’altrui operato. Una testimonianza a quanto ho appena sottolineato è il Disegno di Legge Dopo di noi di cui ho scritto nell’articolo «Disabili: la legge sul “Dopo di noi”. Chi l’ha voluta così se non va bene a nessuno?» che pare dimostrare come ancora una volta in Italia si affrontino problemi epocali senza il diretto coinvolgimento di interessati pensanti in grado di ottimizzare il prodotto finale.

A questo punto potremmo porci una domanda tornado sull’argomento dell’articolo: quale pena attribuire a chi maltratta Bambini, Disabili e Anziani?

Se fossimo delle bestie la risposta sarebbe “pan per focaccia”, ma sarebbe anche difficile da gestire perché dovremmo far regredire a bambini le maestre e i maestri che maltrattano i bambini come sarebbe costoso operare tutti coloro che maltrattano i Disabili e gli Anziani per metterli nella condizione dei Disabili e fargli gustare il piacere di essere trattati come loro trattavano gli assistiti.
Forse la soluzione più intelligente sarebbe proprio puntate sull’intelligenza per far crescere una società che sembra ancora immatura da un punto di vista comportamentale e conoscitivo e realizzare strutture gestite e quotidianamente verificate da direttori che non stiano solamente nel proprio ufficio a esaminare le scartoffie necessarie a mandare avanti la baracca ma che vivano i reparti e le corsie di questi Istituti con l’obbligo di mettere alla porta senza alcun preavviso e senza che nemmeno si finisca il turno chi dovesse agire impropriamente.

Purtroppo tutto ciò non capiterà. L’Italia non è un Paese che affronta di petto i problemi, o quantomeno lo fa ben poche volte, quindi giungerà qualche punizione, qualche licenziamento, per poi darci appuntamento alla prossima emergenza, al prossimo episodio di violenza su Bambini, Disabili e Anziani.

Share.

About Author

Sono nato il 25 febbraio del 1963 ed a 23 anni ho coronato il mio primo sogno d'impresa: un'attività commerciale che durò per circa vent'anni. Dopo un periodo sabbatico fondai nel 2009 Ideas & Business S.r.l. che iniziò la sua opera come incubator di progetti. Nel 2013 pensai di concretizzare un sogno editoriale: realizzare un network di testate online. DisabiliDOC.it è la seconda testata attiva dal 16 febbraio 2015. Altre già pensate e realizzate prenderanno vita pubblica nei prossimi mesi. Per ora scrivo per passione come per passione ho sempre lavorato per giungere alla meta.

Partecipa

  • Leave A Reply

  • Commenti su Facebook

  • Commenta tramite Google+

    Powered by Google+ Comments